Martedì 9 aprile, ore 14.30 – minuto più, minuto meno: un boato squassa l’aria intorno al lago di Suviana, alto Appennino Bolognese, tra i comuni di Camugnano e Castel di Casio. A seguire, una serie di esplosioni provenienti dalla centrale idroelettrica di Bargi, gestito da Enel Green Power, che si affaccia sul bacino. E’ passato un mese da quella terribile strage sul lavoro, la più grave in Emilia-Romagna dalla Mecnavi di Ravenna (era il 1987): dopo i primi 3 decessi subito accertati, alla fine si conteranno 7 morti. Nessuno scampo per chi è rimasto intrappolato ai piani -8, -9 e -10 della struttura; dei vari feriti portati negli ospedali, alcuni sono ancora ricoverati con traumi e ustioni. A un mese di distanza l’attenzione è ancora concentrata sul generatore al livello -8, prima andato in corto circuito poi esploso: questa l’ipotesi che segue la Procura di Bologna che sta cercando ancora tutte le risposte. Difficili, al momento, dato che l’acqua continua a entrare nella centrale, rendendo difficile il lavoro di periti e investigatori. Al vaglio i dati contenuti nelle due Scada, le scatole nere di cui è dotato l’impianto di Bargi. All’indomani del ricordo delle vittime avvenuto in San Petronio a Bologna, alla presenza dei familiari, quelle che continuano ad aleggiare nell’aria sono più domande, che risposte
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