Solo brevi dichiarazioni spontanee e nessuna risposta alle domande del magistrato. Sono durati pochi minuti i due interrogatori di garanzia per la 22enne e il fratello 19enne, di origine pakistana, arrestati dai carabinieri la vigilia di Natale con l’accusa di aver dato vita ad un’organizzazione jihadista dal nome ‘Da’wa’ – che significa chiamata – Italia. I due giovani, che da anni abitavano in zona Bolognina, insieme ad una 18enne di origine algerina residente a Spoleto e ad un 36enne di origine turca residente a Monfalcone sono finiti in carcere nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Bologna e del Ros dei Carabinieri. Di un 20enne marocchino cresciuto a Milano, anche lui indagato, invece, si sono perse le tracce da novembre quando è partito per l’Etiopia, forse per unirsi alle milizie jihadiste. La guerra santa contro gli infedeli, la necessità di raddrizzare i musulmani che crescono in Paesi di “miscredenti”, come l’Italia. C’è anche questo nelle conversazioni tra le due ragazze che coordinavano questo gruppo di cinque ragazzi under 30. Le loro attività erano prevalentemente online, su social come Tiktok, Instagram, X, con decine di profili attivi con post, storie e altri contenuti soprattutto in italiano. Per le due ragazze l’indottrinamento iniziava tra le mura di casa. Le famiglie infatti sono di origine straniera ma risultano bene integrate nella cultura occidentale, in contesti non disagiati, e che per questo – a quanto traspare dai loro messaggi – loro stesse disprezzavano. La 22enne di Bologna è riuscita in pochi mesi a coinvolgere nel suo estremismo il fratello 19enne, che su TikTok documentava la sua trasformazione con video che lo mostravano prima in abiti occidentali, e dopo con barba lunga e vestiti tradizionali musulmani. Per il ragazzo l’autorità giudiziaria contesta l’ipotesi dell’addestramento finalizzato a un possibile arruolamento in organizzazioni jihadiste.
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