Bologna. Tafferugli in città per Ramy, cosa resta?

Redazione

Fatti gravissimi, condanne unanimi, polemiche immancabili. Quel che resta è una Bologna che porta ancora i segni di quanto successo sabato sera. E la rabbia di chi il centro storico lo vive, commercianti in testa. Loro hanno subito – a volte assistito impotenti – alla devastazione di vetrine e serrande delle loro attività. Infine il gesto vile, quello che fa più male per chi conosce Bologna come la città dell’accoglienza: l’assalto alla sinagoga. Non è chiaro se le affinità con quanto stava succedendo quasi in contemporanea a Roma siano casuali o da imputare a una regia; oppure se l’assalto a un’istituzione ebraica sia stato gesto imbecille o coordinato da chi sperava di ricreare una notte dei cristalli. Certo è che la città, ieri mattina, si è svegliata scioccata dai fatti.

Quel che resta è stato l’odore acre e vetri rotti a terra: così si è presentato il centro storico devastato dal passaggio del corteo organizzato dai collettivi per Ramy Elgaml, il 19enne morto a Milano in un incidente mentre scappava in scooter con un amico, inseguito da una gazzella dei carabinieri. A poco sono valsi gli appelli della famiglia del giovane. La manifestazione forse partita con le migliori intenzioni da Piazza San Francesco, ha visto presto disvelarsi un impulso violento che ha messo a ferro e fuoco la città: 11 gli agenti delle forze dell’ordine feriti negli scontri.

“Non ci sono cause giuste per devastare una città, chiederemo i danni”, ha tuonato il sindaco Matteo Lepore. Ma se le voci politiche che condannano sono tutte unanimi, il sentimento che le accompagna è chiaramente figlio delle divisioni politiche: e così se il ministro Matteo Salvini accusa i “criminali rossi”, la segretaria Pd Elly Schlein parla di strumentalizzazioni da destra. A due giorni dai fatti ci sono le indagini di Digos e magistratura per dare un volto e un nome a una così insensata violenza.

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