L’ennesima tragedia che colpisce le carceri italiane – ma speriamo anche le coscienze politiche, finora latenti – si è consumata in una assolata mattina di luglio nel penitenziario bolognese della Dozza. Un uomo di 47 anni, originario dell’Albania, si è impiccato all’interno della sua cella. A nulla sono valsi i soccorsi. A darne notizia è la Uilpa, sigla sindacale che rappresenta la polizia penitenziaria iscritta alla Uil. Il detenuto, viene reso noto, era costretto in carcere dal 27 maggio scorso, in attesa di giudizio con l’accusa di tentato omicidio. Si tratta – riporta
Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa –
del 58esimo suicidio di un detenuto dall’inizio dell’anno in Italia, cui bisogna aggiungere due omicidi e 63 decessi per altre cause, nonché sei appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita”. “Più che di carceri si rischia di dover parlare di camere mortuarie”, chiosa il rappresentante sindacale. Difficile dargli torto. Sulla stessa linea Giovanni Battista Durante segretario nazionale aggiunto del Sappe, sigla autonoma degli agenti di polizia penitenziaria, che parla di sconfitta dello Stato. Ma pure di eventi, i suicidi, che “spesso segnano profondamente gli agenti che devono intervenire”. E dunque si torna a parlare di mancanza di personale: i poliziotti, dice il Sappe, sono lasciati soli; servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichico. Ma il tema portante è il sovraffolamento: restando solo in Emilia-Romagna, al 30 giugno scorso nelle carceri sono detenute 3.725 persone, contro una capienza massima delle strutture di 2.979 posti. Tra loro, nelle 10 strutture carcerarie regionali sono presenti 167 donne, mentre i detenuti stranieri sono 1.826.
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