Punti nascita, l’assessore regionale alla Sanità Massimo Fabi: “Non possiamo tenerli aperti”. E FdI va all’attacco

Redazione

Le zone di montagna resteranno orfane dei punti nascita, i presidi non resteranno aperti perché non ci sono le sufficienti condizioni di sicurezza per le donne e i bambini. Ad annunciarlo è l’assessore regionale alla Salute, Massimo Fabi, durante l’audizione in Commissione Politiche per la salute e sociali, che si è tenuta ieri mattina: “Tenere aperti i punti nascita dove non esiste un sufficiente numero di parti è un rischio per le donne e i bambini. Su questo non transigeremo”. Immediata la reazione delle opposizioni che hanno ricordato come l’ex governatore Stefano Bonaccini “avesse messo la riapertura dei punti nascita nelle zone periferiche al centro della sua campagna elettorale nel 2020 per quanto riguarda la sanità – ricorda la capogruppo FdI, Marta Evangelisti – Oggi apprendiamo che la Regione non se ne farà carico. Ci chiediamo perché non se ne sia parlato in campagna elettorale”.

Attualmente i punti nascita, sul territorio regionale, sono diciotto: a Piacenza (uno in città), due a Parma (uno in città e uno a Fidenza), due a Reggio Emilia (uno in città e uno a Montecchio), tre a Modena (uno in città, uno a Sassuolo e uno a Carpi), quattro a Bologna (due in città, uno a Bentivoglio, uno a Imola), uno a Ferrara (in città), due a Ravenna (uno in città e uno a Faenza), uno a Forlì (in città), uno a Cesena (in città), uno a Rimini (città). Poi ci sono i punti nascita chiusi o momentaneamente sospesi” sul cui futuro le parole dell’assessore Fabi sembrano essere state chiare, e sono: Guastalla,  Scandiano, chiuso nel marzo 2020 e Castelnovo ne’ Monti chiuso nel luglio 2017.