“Avidità e narcisismo di chi ha sostenuto di aver trovato una gallina dalle uova d’oro”: sono le parole del sostituto procuratore di Bologna Michele Martorelli, pronunciate durante la requisitoria nel processo sul crac Bio-on, azienda di bioplastiche di Castel San Pietro Terme finita nell’occhio del ciclone dopo un report pubblicato dal fondo statunitense Quintessential. Perché le uova d’oro in realtà non c’erano, nonostante le rassicurazioni fornite dall’amministratore delegato e presidente dell’azienda Marco Astorri. Era il dicembre 2019, scaturì un’indagine della magistratura con sequestri da parte della guardia di finanza.
E dunque il processo: Astorri è alla sbarra, il pm ha chiesto per lui una condanna a 10 anni. Insieme a lui imputate altre 8 persone, tra le quali membri del collegio sindacale: sono tutti accusati, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta impropria e distrazione e tentato ricorso abusivo al credito. Una pena a 10 anni è stata chiesta anche per Guido Cicognani, vice presidente; per gli altri chieste condanne che oscillano fra i tre anni e sei mesi e gli otto anni.
I danni causati dalla bancarotta Bio-on, sostiene la procura, sono “quantificabili fra i 350 e i 400 milioni di euro”, da sommarsi ai “quasi 75 milioni del passivo fallimentare”. Risultato, ha continuato il sostituto procuratore Martorelli nella sua arringa, di una “gestione dissennata e criminale dell’impresa”.